Smart Working

&

Home working 


L’avvento dello smart working, unito alle nuove tecnologie che permettono di lavorare ovunque, ha di fatto accelerato una tendenza ormai in atto da decenni.

Lo “Smart working”, che esisteva già negli anni ’90, ma che forse non essendo supportata dalla tecnologia attuale, non ha avuto un grande successo, anzi ha avuto tanti fallimenti.

Oggi tutti parlano di “Smart working” o pensano di fare “Smart working” un po’ per volontà o per imposizione delle aziende obbligate dalla situazione attuale a utilizzare questa modalità lavorativa.

Vediamo di fare chiarezza sull’argomento partendo da che cosa non è lo “Smart working”.

Lo “Smart working” non è lavorare da casa o telelavoro. Non lavoro solo dall’ufficio, ma non ho come unica alternativa la casa, bensì qualunque posto io scelga come “ufficio.

Lo “Smart working” non è lavorare in una sede esterna 2 volte alla settimana, anche se molte aziende lo utilizzano così.

Lo “Smart working” non è concedere alle mamme la flessibilità di uscire prima per andare a prendere i figli a scuola.

Lo “Smart working” non è solo lavorare con un tablet o uno smartphone, perché se lo strumento è smart a quel punto lo diventa anche il lavoro in automatico.

Questo è come molti noi hanno lavorato durante il lockdown, facendo Home working non “Smart working”.

    

Ma quindi, questo “Smart working” ormai tanto famoso

esattamente cos’è?

Se traduciamo l’inglese significa lavoro agile, questo dice tutto o niente e sta alla libera interpretazione.

Nella realtà significato è più profondo, “Smart working” vuol dire passare dalla presenza fisica, a lavorare per obiettivi, con una sempre maggiore autonomia nella gestione delle attività e del proprio tempo.